Mi chiamo Pietro Paladini, ho quarantatré anni e sono vedovo. Per la legge quest’ultima affermazione non è corretta, perché io e Lara non eravamo sposati; ma poiché stavamo insieme da dodici anni, e vivevamo insieme da undici, e abbiamo fatto una figlia che ora ne ha dieci, e se questo non bastasse avevamo per l’appunto deciso di sposarci (“finalmente”, hanno detto in tanti), e avevamo già cominciato a ricevere i regali, e all’improvviso Lara è morta, e nel giorno in cui avrebbe dovuto essere celebrato il matrimonio c’è stato il suo funerale, la legge non è il punto di vista migliore per inquadrare questa faccenda.
Pietro Paladini, il protagonista di questo romanzo reagisce alla tragica scomparsa della sua compagna bizzarramente, passa le sue giornate fuori dalla scuola della figlia, dall’entrata all’uscita lui rimane lì, è convinto che così la Piccola Claudia riuscirà ad affrontare meno dolorosamente la tragedia. Involontariamente, diventa per molti una sorta di valvola di sfogo, così invece di elaborare il proprio dolore, si ritrova suo malgrado, ad assorbire i dolori e le paure altrui. Moltissimi insospettabili faranno capolino per sfogarsi; da suo fratello, un ricco e famoso stilista alla bellissima cognata, single e madre di due/tre figli, dal mega manager che potrebbe polverizzarlo in un secondo alla bella ragazza che porta ai giardinetti il cane.
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