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lunedì 20 ottobre 2008

«Ciao capo»

«Ciao capo»
Questo è quello che mi sono sentito dire da un ragazzo con un evidente accento “straniero”
«Ah ciao, tu sei, tu sei… no dai ascolta, non mi ricordo più chi sei, scusami ma…»
«Lavoravamo insieme????»
«…è vero!!! Scusami sai, ma, eravamo in molti e poi, sei un po’ ingrassato o sbaglio?».
Per me è normale fare queste figuracce, comunque sia, io e il mio ex collega, iniziamo a parlare del più e del meno fino a quando inevitabilmente, al centro dei nostri discorsi si insinua il tema lavoro.
Scopro così che nella ditta dove ho lavorato fino al settembre 2007, non tira una buona aria, o meglio, non si tratta di aria, si tratta a quanto pare di una nuova tornata di “esuberi da incentivare all’esodo” il tutto chiaramente con la supervisione dei sindacati che anche questa volta applicheranno la politica del meglio cinquanta che trecento, e così sarà fino a quando i trecento saranno tutti precari, anzi, lavoratori a disco orario.

E poi?

Che pazzia, come si fa a pensare di ridurre così il mondo del lavoro?
Come si fa a permetterlo?
Chiaramente il fatto che molti miei ex colleghi debbano subire continue riduzioni d’orario obbligatorie, non mi ha fatto molto piacere.
Ci salutiamo, solo dopo aver cercato di dargli coraggio, dicendogli che non deve preoccuparsi «in Lombardia, chi ha voglia di lavorare trova sempre qualcosa da fare, basta accontentarsi, vai tranquillo»
(ormai però, ci credo poco anch’io).

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